Appunti sulla terapia dell'Emicrania senz'aura

Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole... In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannide.

Platone (400 circa a. C.)
Headache

Che c’entra Platone con la terapia dell’Emicrania? Una domanda simile mi era già stata rivolta a proposito del biliardo: che c’entra con l’emicrania? C’entra! Vedremo come.

La terapia dell’Emicrania va adeguata alle varie fasi della vita. Sotto questo aspetto sono riconoscibili 8 fasi e cioè: la prima infanzia, l’infanzia, la fanciullezza, l’adolescenza, la giovinezza, la maturità, la senescenza, la senilità. Non esiste una terapia che si adatti a tutte le fasi.

Ulteriori distinzioni vanno adottate fra maschi e femmine; fra terapia profilattica, che tende a prevenire la sintomatologia e terapia sintomatica, da adottare a sintomatologia in atto.

Emicrania e cefalea non sono sinonimi, in quanto la cefalea (il mal di testa) è uno dei sintomi che compongono il complesso mosaico della sintomatologia emicranica. Sintomo frequente ma non obbligato, in quanto esistono casi di emicrania senza cefalea, com’è ampiamente illustrato nel mio ultimo libro, nel quale spiegavo, fra l’altro, come l’emicrania senza cefalea sia caratteristica (ma non esclusiva) dell’emicranico anziano.

Il sintomo costante dell’Emicrania è la disabilità: esiste emicrania senza cefalea, ma non esiste emicrania senza disabilità.

La disabilità emicranica non è da intendere limitata a livello esecutivo manuale o calcistico. Essa coinvolge anche funzioni psichiche, come ideazione, memoria, attenzione, controllo emotivo; funzioni vegetative, come la disautonomia, la disedonia, la disnocicezione (concetti cari al grande Federico Sicuteri). Un insieme che oggi possiamo definire, con un termine proposto da chi scrive: disabilità omeostatiche, intendendo come omeostasi la capacità dell’organismo di mantenere il proprio equilibrio funzionale, anche in presenza di variazioni ambientali sfavorevoli, interne o esterne, e, come elemento disfunzionale (disabilitante) su tali funzioni, l’Emicrania.

Se emicrania e cefalea non sono sinonimi, è da ritenere che neppure le terapie coincidano.

Sgombrato il campo dalla qualifica di personalità neurastenica, di cui venivano gratificati gli emicranici dai vecchi studiosi di questa patologia (il che rivelava in realtà l’impotenza di quest’ultimi nell’interpretarne il meccanismo patogenetico), tentiamo adesso di fare il punto sull’argomento terapia.

Oggi, di fatto, più che l’emicrania viene curata la parte più fastidiosa di tale sintomatologia, ossia la cefalea emicranica. Sono le ultime frange di una tecnica promozionale ereditata da una primitiva impostazione, sbandierata per anni, secondo cui i triptani (entrati sul mercato negli anni ’90) sarebbero stati la soluzione del Problema Emicrania, con conseguente messa all’indice di quanti con le loro obiezioni e le loro riserve dissentivano da tale rudimentale assunzione.

In realtà non fu mai così: l’emicrania non fu mai risolta dai triptani. A tali farmaci andavano tuttavia riconosciuti alcuni vantaggi sui sintomatici allora in uso: l’assenza di sintomatologia fastidiosa alla loro assunzione (p.es. l’assenza di nausea e vomito, frequenti con l’uso degli ergotaminici); la mancanza di gastro-emo-nefro tossicità, comunemente riconosciuta invece nei fans; la possibilità di somministrazione per os, per via rettale, per via nasale, per via ipodermica. Tutti requisiti che consentivano ai triptani di farla da padrone nella terapia sintomatica della cefalea emicranica. C’era in verità qualche riserva, legata più che altro ad una loro possibile azione vasocostrittiva a livello delle arterie cerebrali e cardiache: eventualità abilmente eluse dai promotori attraverso ipotesi interpretative alternative dei sintomi più allarmanti, o dubitative nei casi di incidenti occorsi in coincidenza della loro assunzione. Del resto il paziente in preda al dolore, talora ossessionante, di una cefalea emicranica è alla ricerca di una via di uscita, che gli consenta di proseguire nella propria attività e il triptano nel 60-70% dei casi, assunto entro i limiti di età consentiti e in pazienti esenti da controindicazioni, appariva rimedio pronto e risolutivo.

Senonché l’apparente maneggevolezza di questi farmaci nascondeva una grave insidia per il paziente: la “sindrome da overuse”, vale a dire la cronicizzazione della cefalea conseguente ad un loro uso eccessivo: una sindrome che compromette pesantemente la qualità di vita e l’efficienza operativa di chi ne è affetto ed è rimediabile, a breve termine, soltanto con l’assunzione di ulteriori dosi di triptani, che a loro volta tendono a peggiorare la situazione di dipendenza. Avete capito che si tratta di una sintomatologia non da poco.

Ma la strada ai triptani era ormai spianata, al punto che le variazioni di scelta terapeutica, pur nello stesso individuo, vertevano spesso non su quale tipo di farmaco sintomatico assumere, ma su quale triptano assumere fra le numerose molecole disponibili (se un triptano non aveva successo, se ne provava un altro). Con aumento della probabilità per lo sfortunato paziente di incorrere nell’overuse di triptani.

Oggi buona parte del lavoro dei centri specializzati consiste nel cercare rimedio a questa patologia.

E qui rientra in campo Platone.

Non v’è dubbio che nel concetto di libertà debba essere inserita anche la libertà dal dolore. Il dubbio è se tale obiettivo debba essere raggiunto con la somministrazione di triptani, visti i pessimi risultati a lungo termine di tali trattamenti. La tirannide è invece riconoscibile nella situazione in cui si trova oggi il triptanomane, costretto a contrastare il dolore da astinenza dai triptani con l’assunzione di altri triptani e di essere costretto, per cercare rimedio, a rivolgersi alle stesse organizzazioni che lo avevano instradato in questa direzione, anche occultando voci in dissenso.

Breve storia dei triptani.

Furono introdotti in Italia nei primi anni ’90. Un articolo comparso sull’ importante rivista americana Cephalalgia nel 2002 segnalava che in Germania, dove i triptani erano in vendita da più tempo, il problema dell’overuse e della sintomatologia da astinenza era ben noto e che la cronicizzazione della cefalea appariva più rapida con l’uso dei triptani che con l’ergotamina. Un altro articolo pubblicato sulla rivista italiana Confinia Cephalalgica nel 2005 confermava: “L’uso eccessivo di triptani può provocare una cefalea cronica in modo più rapido rispetto agli altri farmaci sintomatici”. Le raccomandazioni sulle limitazioni da adottare nel loro uso (non più di 10 dosi al mese) comparvero nelle linee guida S.I.S.C. soltanto nel 2011. Fino ad allora (per quasi 20 anni) l’impiego di dosi di triptani che oggi sarebbero considerate malpractice era abituale, anche nei centri specializzati.

Chi scrive, 87 anni, ex emicranico, non ha mai assunto un triptano. Per il resto giudicate Voi.

Appunti sulla terapia profilattica dell’Emicrania

Migraine

L’ Emicrania è una malattia primaria, nella cui eziopatogenesi è riconosciuta una componente ereditaria. E’ pertanto improbabile che con i trattamenti medici attuali si riesca a ottenere una soluzione definitiva del problema. E’ invece ragionevole cercare di intrattenere il Paziente ( anche la psicoterapia conta) educandolo ad accontentarsi di una soluzione parziale, ossia del controllo della sintomatologia dolorosa e della disabilità (ai cui sintomi è stato fatto cenno più sopra e sono illustrati in modo più completo nel mio libro “Emicrania e Biliardo”), evitando l’assunzione di triptani, in attesa che sia la natura a dargli una mano attraverso le modificazioni vascolari spontanee (descritte nel paragrafo “Emicrania dell’anziano”, pagg. 91,92,93,94,95 del libro citato), o ormonali, in particolare se si tratta del gentil sesso.

Sono eventi che si verificheranno dopo la 6° fase della vita.

Non vi sto parlando di una soluzione “eroica”: posso assicurarVi che con l’emicrania (non con la Cefalea emicranica!) si può convivere tranquillamente se si impara a gestirla.

Nell’emicranico, la crisi cefalalgica è in gran parte conseguenza di errori. Prima di rivolgersi a farmaci è necessario individuare gli errori e eliminarli. Si tratterà di errori dietetici, variabili da un paziente ad un altro (l’elenco degli alimenti da tenere in osservazione è ormai corposo e in parte noto: alcuni formaggi, il cioccolato, alcuni vini, alcuni dolcificanti, alcune spezie...); saranno errori comportamentali, come il mancato rispetto dei bioritmi, l’eccesso di lavoro (specie il “portarsi a casa” le relative preoccupazioni), la mancanza di hobby, la mancanza di sonno, a volte il sesso mal gestito ; oppure l’astenopia da difetti visivi non corretti, o una masticazione difettosa, alcuni farmaci, o altri errori individuabili con un’approfondita anamnesi.

Un capitolo a parte merita la caffeina: evitate i compilatori di linee guida che, per motivi loro, ne negano l’efficacia antiemicranica diretta! Con una accorta gestione della caffeina potrete risolvere i ¾ del problema. E’ un argomento su cui mi sono soffermato più volte nel mio libro (alle pagg. 187,188,189) e non è il caso di dilungarmi oltre.

Per la scelta dei farmaci rivolgetevi a un buon medico (anche qui si possono compiere errori), non troppo amico dei triptani e che non abbia fretta: sono talmente tanti i punti da considerare e tante le informazioni da impartire che una seduta di un’ora non sempre è sufficiente ad esaurire gli argomenti. Non accontentatevi dei rotocalchi o di mass media che riportano consigli di “esperti”: spesso sono i soliti guru dell’emicrania che hanno seminato e seminano la triptanomania...

AUGURI!

Dopo l’avvento dei triptani sono stati segnalati casi di cefalea ricorrente anche in emicranici molto avanti negli anni o comunque in una età in cui era logico aspettarsi una attenuazione di questa patologia. In tali casi, più che sulla vecchia emicrania, è il caso di indagare sulla possibilità di una cefalea secondaria (da tumori, vasculopatie, sinusopatie, artropatie cervicali, ecc.) non trascurando l’eventualità di trovarsi di fronte ad un triptanomane.

P.S. Lo scorso anno nello staff dirigenziale S.I.S.C. sono state operate parziali modifiche.
Ho udito, attraverso Internet, qualche ripensamento e l’accettazione di qualche mia tesi precedentemente rifiutata. E’ un buon segno. Auguriamoci che si prosegua su questa strada. Il mio senso dell’umorismo mi induce a non serbare rancori per gli errori di comportamento altrui. Errare è umano. Ma perseverare no! Mi auguro che ci sia chi darà una ripassata ai miei libri e ribatterà finalmente i miei eventuali errori, anziché nascondere buono e cattivo, com’è avvenuto fino ad oggi: ne parleremmo volentieri insieme.